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OPINIONI IN BALLO, un incontro con Bernard Coclet Le Grand Bal de l'Europe - Rencontre de danse populaire Intervista a cura di Tiziano Menduto
Non è cosa semplice affrontare l'argomento "Grand Bal". E per la difficoltà di sintetizzare in un unico articolo tutte le problematiche che un incontro, non propagandistico, con Bernard Coclet può far sorgere. E per l'attenta lettura che molti amatori della danza e molti "insegnanti” nostrani, che spesso qui vengono ad incrementare il proprio repertorio, faranno di queste pagine. D'altronde il nostro primo lettore sarà proprio Bernard (già, ci leggono anche in Francia!) che verso questo figlio prova sicuramente un forte istinto protettivo. Ne approfittiamo per salutarlo ringraziandolo della disponibilità offerta a noi, al giornale (ringraziamo e salutiamo anche Gilles e Catherine) e, al tempo stesso, per farci "scusare" il ritardo di questa pubblicazione. D'altronde quale mese migliore di questo, un mese di programmazioni estive per parlare di una manifestazione che si svolge in Luglio? Ma questo non vuole essere un articolo, un'intervista di pura cronaca (benché in un piccolo spazio a parte vi daremo le coordinate per partecipare al Grand Bal del 1996). Vuole essere un’occasione per andare oltre la descrizione di un luogo della danza, proprio per parlare di danza, delle sue problematiche, delle modalità propositive, delle differenze rilevanti che fanno la specificità di un buon corso o di una buona occasione di danzare. Continuando, magari, il discorso che abbiamo iniziato con Yvon Guilcher e che vedrà prossimamente un intervento a più voci su "Les Brayauds" e sulla danza in Auvergne. Parlare di danza, parlare delle sue problematiche non è semplice, si incontrano diversi modi di pensare, diversi atteggiamenti, diverse aspettative. Dunque anche con diseguali opinioni su iniziative come quella del Grand Bal. Abbiamo cercato di raccoglierle queste opinioni, prima e dopo l'intervista, magari stimolandole con qualche domanda specifica, magari cercando di integrarle, nel risultato finale, con la nostra esperienza diretta. Credo che le domande fatte a Coclet possano rappresentare degnamente parte di queste opinioni. Opinioni a volte positive, a volte negative, quasi sempre, comunque, elogianti la ricchezza di occasioni, particolari e stimolanti, di ballo. E di occasioni stimolanti, invero, ce ne sono tante. Chi non conosce il Grand Bal, difficilmente può farsi un’idea della quantità d'opportunità di danza negli spettacoli serali. Serate con ottimi musicisti ( diversi gruppi in diversi luoghi), pavimenti di legno (ah, i pavimenti di legno!...), orari molto elastici (si può danzare fino al mattino). Probabilmente è vero, come dice Coclet, che questa è la parte più interessante di tutta la "kermesse". Forse anche più interessante degli atelier/stage, spesso proposti contemporaneamente, tra i quali, i frequentatori della manifestazione possono “saltare” liberamente. A volte tenuti da persone molto qualificate, altre volte da "animatori" meno rigorosi nel loro insegnamento, gli atelier nel 1995 erano addirittura quaranta! Spesso le critiche vertono su questo punto : dipende dalle scelte di ognuno (scegliere un buon insegnante, frequentare un numero ristretto d'atelier, ...) utilizzare bene il Grand Bal e non sempre si è sufficientemente stimolati a farlo. Insomma, che dire? Il miglior modo di farsi una personale opinione è andare sul posto, mangiare insieme a tutti gli altri, dormire sotto un tetto di tela e prepararsi a molte ore di danza. E magari dopo ( ma perché non subito per chi c'è già stato?) scriverci le vostre impressioni. In una cosa ha sicuramente ragione Coclet, di danza si parla poco e spesso male. Aiutateci a parlarne.
D. Cos'è oggi, cos'era ieri, cosa vorresti che fosse "Le Grand Bal"? R. Ieri, domani, oggi "Le Grand Bal" è la festa della danza. Una riunione di appassionati di danza, di musicisti che amano far danzare. Ben nove palchi sono pronti per il Grand Bal. Secondo me le esperienze di ballo più interessanti sono quelle serali. Qui tutto è possibile. Vicino ad un'organizzazione puntuale ci sono delle cose poco strutturate perché i 1200/1300 danzatori hanno bisogno sia di precisi punti di riferimento sia di una grande libertà. Ciò che era ieri, è oggi e sarà anche domani, quando festeggeremo il nostro decimo anniversario che cadrà nel 2000.
D. Dunque il tuo progetto iniziale, il desiderio che avevi è stato completamente appagato dal Grand Bal di oggi ? R. Il mio desiderio fin dall'inizio è stato quello di creare un luogo dove un danzatore può ballare nelle migliori condizioni. Resta sempre lo stesso desiderio, ogni anno si lavora in prospettiva di migliorare queste condizioni e si lavora tanto. Sono un organizzatore per caso. Se capita di avere un bambino bisogna accoglierlo : ho adottato il Grand Bal come un mio secondo figlio e faccio di tutto per crescerlo come si crescerebbe un figlio. Ogni anno diventa sempre più autonomo e se nel primo o nel secondo non può vivere senza di me, poco alla volta diventerà indipendente : quando avrà venti anni sarà del tutto autonomo. Bisogna prendere le difese della danza perché in Francia e in altri numerosi paesi europei la danza è la parente povera della musica tradizionale. Quando leggo i titoli di "FB," vedo che non si parla molto di danza e questo capita anche in molti altri giornali di musica tradizionale. Gli artisti, che all'inizio sono buoni suonatori di musica a ballo, ben presto si dedicano ad altro genere. Questo vale anche per gli organizzatori per i quali è più facile organizzare un concerto d'ascolto piuttosto che uno a ballo. Sono un appassionato di danza e mi accorgo di avere sempre meno occasioni di ballare e ,soprattutto, di farlo in buone condizioni. Per esempio ho partecipato a festival dove c'è il problema della pioggia o del pavimento o della pessima sonorizzazione...
D. Qual è il criterio che usi per scegliere gli insegnanti, i repertori ? R. Non c'è criterio di scelta. Alla gente che viene ad animare le nostre giornate domando solo di avere almeno alle spalle un'esperienza di animazione in qualche altro festival.Queste persone devono essersi già rese conto di cosa vuol dire lavorare in una situazione di questo genere. Non faccio selezioni, non uso criteri. Quali criteri dovrei prendere ? Chi può giudicare della qualità delle danze ? Io sono un ballerino di bourrée. Posso giudicare l'interpretazione, ma giudicare è difficile. Non ci sono diplomi in Francia in danza tradizionale. La gente vede e si rende conto se può animare quelli che chiamo atelier-rencontre. Attenzione: non sono stage, non sono neppure atelier, è qualcosa di particolare... Quello che mi interessa è che la gente danzi con passione e che qualche appassionato balli con piacere. Che la danza abbia una sua autenticità, che sia ben trasmessa non è un problema che viene preso qui in considerazione. Sono problematiche che fanno parte, invece, della mia riflessione continua. Quello che a noi interessa è mettere davanti a tutto la passione, la condivisione di un’esperienza. Non importa chi passa di qui. Alcuni non ballano bene secondo il mio gusto estetico, altri non sono dei buoni pedagoghi. Altri ancora non sono molto rigorosi riguardo le "sources" della danza. Allora ci sono i dibattiti per riflettere su questi aspetti. Quest'anno con Les Brayauds, con Yvon Guilcher, si prendono in considerazione la creazione, la pedagogia, le fonti della danza, la danza vivente,... E' un'occasione per porsi delle domande. Chi vuole può farlo.
D. In Italia e in Francia ci sono persone che criticano Gennetines ( nome con cui è più comunemente chiamato, almeno da noi, il Grand Bal). Tu hai parlato di libertà per il ballerino, ma non credi che la troppa libertà possa portare alla confusione ? La sua presenza in uno stage per una sola giornata o, addirittura, per una parte di essa non permette di apprendere nulla di un repertorio di danza... R. Ho già capito. La libertà non è mai troppo grande, sia nella danza che al di fuori della danza. Quello che chiedo agli animatori è di ricreare, far vivere l'esperienza della danza. All'interno di questa esperienza si può insegnare la danza, si impara a rapportarsi agli altri, si apprende quel linguaggio che ogni danza sottende. Se poi si vuole che la gente balli con un accento particolare, come può suonare o parlare con un accento, qui si ha l'occasione di vedere danzata una danza con il suo accento caratteristico. Questa mattina molte persone hanno imparato il Fandango, lo stesso Fandango che alcuni di loro avevano già danzato attraverso quattro o cinque o più trasmissioni differenti. Questo capita perché i Paesi Baschi sono lontani da Torino o da Moulins. E' probabile che chi ha imparato questa danza l'abbia conosciuta attraverso l'insegnamento di qualcuno che, a sua volta, l'ha appreso da qualcun altro, che, a sua volta, l'ha appresa da qualcun altro ancora che, a sua volta, ...... Anche in questo caso in 3 o 10 o 100 ore non si apprende una danza. Bisogna stare attenti a dire che in poche ore non si impara una danza perché durante un intero stage si apprende leggermente poco di più. Una danza la si pratica.Se si vuole evolvere nella conoscenza bisogna continuamente praticarla tornando alle origini. Quando sono andato a Torino la gente ha spalancato gli occhi guardandomi ballare la bourrée perché l'avevano imparata attraverso due o tre trasmissioni differenti. Questa grande libertà permette di conoscere e danzare le danze con l'accento giusto.
D. Non ci sono troppe persone in alcuni stages o atelier, come preferisci chiamarli ? R. Stamattina ho fatto un giro. C'erano 300 persone a imparare il Fandango, 15 a seguire le danze del Belgio, poi altri stages con un numero variabile da 25 a 60 persone. Fare uno stage con 60 persone ,ma con la musica dal vivo e otto animatori , è altrettanto efficace che fare uno stage con 30 persone, un animatore e una cassetta. Sono d’accordo che a volte c’è troppa gente, ma, per esempio, nell'atelier di danze inglesi c'erano 40 persone, un'orchestra che suona con “l'accento”, dei ballerini che danzano con “l'accento” giusto. E' meglio così che il miglior insegnante inglese in Italia con una cassetta.
D. Ma, a questo punto, è ancor meglio avere l'orchestra, i ballerini con l’”accento" ma anche un numero vivibile di iscritti... R. L'ideale.
D. La libertà di scelta è importante, ma non è possibile chiudere le iscrizioni ad un atelier per garantire, per facilitare, il lavoro degli insegnanti ? R. Capisco. Questo è il problema che si è verificato fin dal primo anno, ma il fatto è che non ho ancora trovato nessuna soluzione. Ne ho studiate diverse. Una possibilità era quella di prendere iscrizioni per livello (buono-medio-di base). Ma non ci sono diplomi. Chi giudica? Chi fa la selezione? Gli animatori si rifiutano. Chi si prende la responsabilità di farla? E' difficile! Ma anche la seconda soluzione ha i suoi limiti: accogliere in ogni atelier solo le prime 100 persone. Sai cosa succede? Il primo giorno arrivano tutti al solito orario, il secondo giorno arrivano prima, il terzo alle sette del mattino sono già ad aspettare. E allora non c'è più la libertà di cui dicevo, la libertà di "far-la-coda" è un'aberrazione. Non ho altre soluzioni. Ho tutto l'inverno per pensarci. Ma non ci sono soluzioni.
D. E' opinione di alcuni, comunque, che con questa "libertà" non si apprende bene. D'altronde, un tempo l'apprendimento della danza avveniva anche, e in certi casi specialmente, per imitazione, attraverso le feste, i balli. Benché i contesti siano diversi, mi pare tu dia particolare importanza a questo aspetto... R. Ciò che tu dici è interessante. Il Grand Bal è due cose, l'atelier-rencontre e i balli. Sono proprio due cose differenti. Gli atelier durano quattro/cinque ore durante il giorno. I balli si svolgono la notte e permettono di imparare guardando gli altri. Ma qui da me la possibilità di imparare danze non si esaurisce certo con il Grand Bal. Ogni martedì si balla nel granaio, si fa della musica, la gente viene, viene qui in famiglia. Mia figlia non ha mai preso "lezioni", ma danza.
D. Cosa vuoi dire a tutte le persone che ti criticano ? R. Ma sono venute? In Francia ci sono parecchi critici, ma non sono mai venuti.
D. Anche tra le persone che criticano molti sono comunque dell'opinione che questa manifestazione sia un importante luogo d'incontro, anche ludico, un luogo per chi si avvicina alla danza... R. Allora, ascolta. La danza è uno spazio che permette tutto : gioco, seduzione, improvvisazione. E' uno spazio che può variare anche con l'umore di ciascuno. Qui per una settimana ci sono dei "grandi momenti" che sono individuali, personali. Per esempio può essere un grande momento il ballare una bourrée suonata da Bouffard o un valzer alle cinque del mattino con un partner nuovo. Il "grande momento" può essere un posto, una discussione,... Il Grand Bal non è , come alcuni pensano, un'officina per danzare.
D. D'accordo. Gennetines è qualcosa di importante, grandi momenti in cui la danza è passione, è, come hai scritto su alcuni giornali, la "vedette". Ma Gennetines è anche un posto dove fare cultura ? R. Ti consiglio di leggere il programma delle nostre conferenze. Se ciò non è culturale, allora mi domando cosa sia la cultura. Per esempio "Les Brayauds", la musica nel Bourbonnais...Ci sono dei grandi esperti. C'è Yvon Guilcher che parla della danza. Vuoi forse dire che questo non è cultura ?
D. Sì, ma ciò non succede durante gli stages, solo al di fuori. R. Ho capito. Far danza, far cultura non è un prodotto cartesiano. Stamattina, per esempio, nell'atelier dei Brayauds si è ballato, ma nello stesso tempo si è trasmesso anche qualcosa di culturale. Non si possono fare nette divisioni. Da dieci anni con Yvon Guilcher si animano diversi dibattiti. Qui ci sono delle persone che non hanno mai visto ballare una bourrée d'Auvergne così e entrano facilmente in "crisi"...La bourrée d'Auvergne non è solo coreografie, c'è anche un lavoro sulle fonti, un lavoro sull'espressività.
D. Abbiamo parlato molto del Grand Bal. Credo che attraverso le polemiche sei riuscito anche a mostrare tutti i pregi di queste giornate. Ora passando dal "figlio" al padre, parliamo un poco del Bernard Coclet ballerino, dell'insegnante. Da quanto tempo danzi ? R. Non so se è giusto chiamarmi insegnante. Sono un appassionato di danza che ha avuto, in questa sua passione diversi periodi. Danzo da 17, 18 anni. Ho cominciato con la bourrée per caso. Inizialmente per me era un'attività come un'altra. Mi interessavo, in certi momenti, alle danze italiane, a quelle del Nord o alle tarantelle. Partecipavo agli stage. Solo più avanti mi sono reso conto di quanto fosse artificioso apprendere una danza per non praticarla. Prendevo, come tanti altri, appunti che non servivano a niente, che mi davano solo sicurezza. Poi ho iniziato a frequentare stages soprattutto per incontrare della gente, la danza diventava una passione : niente appunti, solo il piacere immediato del ballo. Ad un certo punto è arrivato il periodo in cui ballavo quasi esclusivamente bourrée del Bourbonnais. Ogni giorno facevo nuove scoperte sul passato. Rileggevo un bel testo antico, rivedevo un film due, tre, quattro volte. Scoprivo sempre cose nuove. Allora ho cominciato a fare delle creazioni, creazioni che andavano, che vanno tuttora, in tutte le direzioni. Ho scoperto, ad esempio, le danze cajun e le ho integrate nelle mie creazioni. Quando le mostro alla gente non le scompongo, le mostro con passione ed energia. La mia riflessione va di pari passo con la mia azione perché per me sia una danza ballata che una danza pensata possono egualmente evolversi.
D. Tu crei, inventi, componi nuove bourrée... R. Sì, ma la mia riflessione sulla creazione è progredita. Non sono veramente un creatore, non potrei esserlo.
D. Anche Yvon Guilcher costruisce nuove bourrée... R. Sì, ma io faccio una distinzione tra comporre e creare. Si può dire di essere un "creatore" di un nuovo stile solo se si lasciano passare almeno dieci anni. Ci vuole molto tempo per poter parlare di creazione di uno stile, di un nuovo approccio alla danza. Non si è creatori cambiando un passo o una coreografia. Io sono solo un compositore. Ma sono sulla buona strada ed è possibile che in futuro diventi un creatore!
D. Quando tieni uno stage insegni bourrée composte da te o tradizionali ? R. Faccio entrambe le cose. Sono onesto: se vado in Italia tendo ad insegnare prima quelle tradizionali, solo in un secondo tempo quelle di mia composizione. Queste ultime sono più apprezzate come danze e se non dicessi che sono mie composizioni la gente sarebbe anche più contenta. Per la gente è più importante quello che è tradizionale.
D. E tu dici che sono composte... R. Certamente, bisogna sempre indicare le origini.
D. Per concludere, lasciandoti ai tuoi problemi organizzativi, come descriveresti il confine tra composizione e interpretazione ? R. Quando tu balli una danza francese, non la componi, la interpreti. Per comporre occorre avere digerito, compreso una cultura. Sono cose completamente differenti.
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