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Tutto il materiale è pubblicato per gentile concessione della rivista
Il punto sulla danza (II)Due chiacchiere a ruota libera sulla situazione della danza in Italia di Tiziano Menduto
E' stato quasi due anni fa che ho appoggiato per l'ultima volta in terra il mio taccuino delle interviste, il mio lapis per le schede dei gruppi e, con la scusa di ordinare una serie di risposte ad un vecchio questionario di FB, ho detto la mia. Non estraneo a quanto accade nel mondo del revival della danza in Italia di questi ultimi vent'anni, come danzatore prima e musicista poi, avevo pensato di fare mente locale e dire qualcosa. Dirlo sulla situazione dei gruppi, sull'insegnamento e sulla tipologia degli insegnanti. Dopo due anni ho deciso di riprendere questa brutta abitudine (almeno in ambito giornalistico): parlare un po' del proprio esperire e dir la propria opinione senza necessariamente riportare quella di altri. Opinione che, è chiaro, non è necessariamente del giornale e che sono disposto a ritrattare anche domani se le circostanze che l'hanno ingenerata dovessero cambiare. Il primo spunto per le "due chiacchiere" che vi aspettano è un'amara discussione, una delle tante in questi vent'anni. I successivi capitoletti sono invece testimonianza, ahimè!, del mio atteggiamento ondivago: pessimista nei confronti di una creatura di FB (il Coordinamento virtuale) e ottimista riguardo al futuro interesse per questo giornale nei salotti e nelle piazze della danza tradizionale in Italia. Piedi e piedofili
Sono stufo. Stufo di consumare la mia flebile voce o la consunta penna per difendere ancora il valore e l'importanza di un mondo che alcuni musicisti, studiosi e giornalisti trattano come bersaglio preferito delle proprie invettive. Non dovrebbe essere necessario ricordare oggi la funzione e l'importanza della danza tra le espressioni delle culture tradizionali. Andrebbe sottolineata invece la commistione tra danza e musica, tra danza e canto, tra danza e cultura. Tanto per ricordare a tutti gli smemorati danzatori di una monferrina, una bourrée o un kalamatiano - tanto per citare qualche danza a caso - che stanno danzando su un mare di incanti che non aspettano altro che di essere scoperti; incanti culturali che sono sempre state lì, accanto ai nostri passi, ai nostri strumenti e di cui non ci si è mai stupidamente accorti. Invece no, i suddetti amanti dell'invettiva sorridono beffardamente ed estendono automaticamente ogni critica a tutto il mondo del revival della danza tradizionale. Accade che un'amante della danza (ma anche insegnante, ricercatore,...) si senta osservato dall'alto in basso, ritenuto una distrazione da quanto appare più essenziale, che sia chiamato con un termine dispregiativo: piedofilo. Cioè colui che muove i piedi pensando con i piedi. No, non bisogna sacrificare la propria vita allo studio e alla pratica della danza per evitarsi questo soprannome antipatico. Certo non sempre è diffusa la consapevolezza del significato del linguaggio gestuale e dinamico che si sta approssimando a tempo di musica o di voce. Ma il termine piedofilo è di più. Vuole significare un peso inutile, qualcosa che rema contro chi, seriamente impegnato nello studio della tradizione, vorrebbe muovere il mondo con le sue parole. Ricordo allora a musicisti, studiosi, giornalisti impenitenti e smemorati che spesso è proprio il mondo revivalistico della danza che porta nuova linfa a tutto ciò che intorno alla tradizione o al suo revival si muove. Certo una linfa ridotta, rispetto ai partecipanti dei bal folk, agli iscritti ai corsi o agli stage. Uno su cento? Cinque su cento? Non so. D'altronde cosa c'è stato di più serio a muovere le acque? La grande visibilità dei nostri pochi ricercatori? La qualità crescente dei nostri gruppi musicali che, guarda caso, spesso partono proprio dalla musica da danza? Perchè, invece di criticare tout court tutti i "piedofili", non si cerca di valorizzare quelli che hanno puntato sulla qualità? Un giorno Yvon Guilcher, rispondendo ad una mia domanda, mi disse che danzava per piacere e che il piacere era un elemento importante per un danzatore. E questo piacere, aggiungo io, è un piacere che può essere integrato al rigore; il rigore con cui Yvon (ma ci sono ottimi esempi di rigore anche in Italia) tratta il mondo coreutico. Certo. La gente comune si avvicina alla danza specialmente per il piacere che la danza può dare senza lauree al DAMS o profondi studi di tecnica strumentale. Non è che sia questo che fa invidia a tanti?
Coordinamenti reali, coordinamenti virtuali e il nulla
Attraverso lo strumento del giornale e ascoltando le esigenze che sembravano emergere nella vita culturale di alcune associazioni, qualche anno fa Folk Bulletin faceva nascere una mailing list che voleva divenire un Coordinamento, pur virtuale, per tutti i gruppi che si occupavano di danza e musica tradizionale. La presentazione del Coordinamento recitava più o meno così: " In Italia sono presenti molti gruppi e associazioni che operano nell’ambito della trasmissione e/o del recupero delle tradizioni popolari relative alla danza e alla musica. Gruppi che tra mille difficoltà e impedimenti cercano di creare un varco, uno spazio di sopravvivenza in un mercato dominato dal consumo delle musiche più commerciali. Per questi gruppi manca una forma di coordinamento nazionale in grado di dare forza ad un mercato frammentario e decisamente fragile. Un coordinamento in grado non solo di informare ma anche di riunire intorno ad uno stesso progetto (stage, concerti, festival, rassegne,…) più gruppi, associazioni. Il risultato può essere un notevole risparmio, una maggiore visibilità, una maggiore incidenza. Oggi questo coordinamento può essere facilitato dal mezzo informatico. E’ per questo motivo che il giornale “Folk Bulletin : musica, danza, tradizione”, in collaborazione con alcune associazioni, ha pensato di creare questa Mailing List ad iscrizione gratuita ma con accesso destinato ai soli gruppi/associazioni. In questo modo ogni gruppo può proporre formule di collaborazione, chiedere e dare informazioni, confrontare le esperienze e conoscere meglio il mercato/ambiente in cui ci si trova ad operare." Che ne è di questo Coordinamento a tre anni di distanza? E, avendolo seguito dai suoi primordi, cosa avevo sperato che fosse? Innanzitutto oggi il Coordinamento (comprendente una trentina di associazioni dal Friuli alla Calabria), simpaticamente chiamato Coordtrad, langue. Langue attorno a rarissime proposte, a informazioni su stage e corsi che potrebbero trovare miglior spazio su altre mailing list (questa mailing ha un accesso filtrato per i soli rappresentati dei gruppi, cioè per chi organizza gli stage più che per chi li segue...), a qualche mio messaggio e, specialmente, ad una pubblicità speciale gratuita riservata alle associazioni iscritte. Tanto che io e il direttore di questo giornale spesso ci siamo posti la domanda che generalmente ci si pone dopo anni di matrimonio: non è che si sta insieme solo per interesse? In fondo far parte di Coordtrad non dà obblighi, solo il vantaggio del quartino pubblicitario. Cosa avrei voluto? La mia idea, l'idea di FB, era semplice, forse troppo semplice: unire le forze poteva essere un vantaggio per tutti. L'idea era che si provasse a condividere la spesa e l'onere di docenti o musicisti i cui costi dipendevano in buona parte dal viaggio. L'idea era che qualcuno avesse il coraggio di proporre la condivisione di un progetto (ad esempio: "Vorremmo organizzare a maggio uno stage di danze cretesi con un insegnante che arriva da Creta? Qualche associazione vuole organizzare lo stesso stage intorno alla nostra data?"). O addirittura che qualcuno provasse, attraverso la mailing, a costruire una "tournée". Proporre ad un gruppo musicale, con o senza insegnanti al seguito, una serie di date avrebbe permesso l'ottenimento di prezzi, cachet inferiori. Di tutto questo è successo poco o nulla. Ma al buon funzionamento di Coordtrad sarebbe anche bastato che i gruppi si scambiassero notizie su qualità, costi, validità. Che si chiedessero informazioni. Che cercassero di utilizzare l'esperienza degli altri per sembrare giganti pur essendo nani arrampicatosi gli uni sugli altri. Ironia della sorte, il gruppo che ha chiesto in assoluto più informazioni è di stanza a San Paolo, in Brasile. Un gruppo di emigrati o parenti di emigrati italiani che ha voluto organizzare là concerti e corsi di danza. Per il resto anche in questo caso poco o niente. Qualcosa di più del nulla. Perchè? Forse una delle risposte può partire dal cattivo rapporto che molti gruppi hanno con il mezzo informatico. Pur magari in rete con un bel sito, demandano alla connessione una funzione più informativo-passiva che di strumento attivo per promuovere i propri obiettivi. La seconda risposta è più delicata e parte da esperienze vissute. Portare avanti un'associazione è un compito non semplice. Vuol dire dedicare serate, nottate a fare gratis un lavoro utile a permettere ad altri di godersi un concerto o uno stage. Pensare a strategie a lungo termine, contattare gruppi per coordinare date, occuparsi di un mercato che va oltre la propria stagione è una qualcosa che a volte non ci si può permettere. Ma in questo "nulla" inquieto forse c'è altro. Una disabitudine alla collaborazione, una preoccupazione molto localistica che le attività di un gruppo distante 100, 200 Km possano definirsi concorrenza. La preoccupazione di non poter contare mai sul proprio bacino d'utenza. Il quartiere, il proprio paese, la propria città, non sono mai abbastanza. A secco di pubblicità giornalistiche donate con il contagocce e nel mare di un mercato soffocato dalla televisione prima e dalle mode poi, ci si sente costretti a sperare nell'arrivo dei foresti per poter coprire le spese. Mi si risponderà, ed è vero, che per molti gruppi questa situazione è la semplice realtà. Che stiamo affrontando un momento di crisi che rende difficile organizzare alcunché. Tutto vero. Ma se si pensa di aver fatto abbastanza per poter contare sulle proprie forze e camminare sulle proprie gambe, perché non ci mettiamo a parlare di strategie, di forme organizzative, di idee nuove? Qualcuno ha tentato di farlo in un incontro tenutosi a Torino a maggio di cui parleremo prossimamente. Fino a quando le associazioni saranno bloccate dalla paura che ogni forma di collaborazione si debba valutare in termini di perdita (di denaro, di prestigio, di utenti,...) l'idea che una semplice Mailing List possa trasformarsi in un Coordinamento rimarrà una pura utopia...
La danza e Folk Bulletin
Toh, forse non è un caso che dopo il racconto del tentativo inumano di FB di permettere il coordinamento di questa Babele di gruppi (ad un futuro articolo la trattazione di tutti questi diversi linguaggi culturali), si parli proprio del rapporto tra gli amanti della danza tradizionale e FB. No, non per lamentarci o per avanzare la tesi della refrattarietà passata di questo mondo alla lettura del giornale... Non sia mai detto. Piuttosto per parlare dell'oggi, della quotidianità di un giornale che pur quasi maggiorenne si trova ad affrontare il mercato editoriale italiano con una vita nuova. Una vita che permette al giornale una diffusione più capillare, una tiratura maggiore e, la cosa più evidente, qualche miglioramento nell'aspetto estetico. Il colore della copertina di FB è una cartina di tornasole; è il segnale che il giornale vuole migliorare la sua leggibilità, arricchire i suoi contenuti, organizzare il suo progetto editoriale per renderlo ancor più al servizio di tutti coloro che si occupano del mondo della tradizione (e di tutti i suoi mondi confinanti). Bene, questo in sintesi il messaggio promozionale per tutti i presenti e futuri lettori. Ma noi? Tutti quelli che come danzatori o come musicisti si occupano di danza cosa possono fare per avvicinare il giornale ai propri interessi? Come sapete nel tempo FB ha mantenuto di una piccola rubrica dedicata alla danza "A passo di danza". Una rubrica che voleva essere, e potrebbe esserlo di più, a servizio di tutti coloro che si occupano di danza in Italia. Il giornale cambia. La rubrica vorrebbe farlo a sua volta, riempiendosi di collaborazioni, informazioni e contenuti interessanti. Cosa vorreste trovare in una rubrica come questa? Quali sono i temi che avreste voglia di veder trattati in un giornale come il nostro? Cosa non vorreste vedere? Quali altre parti del giornale vorreste più attenti al mondo della danza? Rispondete. Dite. Fate.
Il futuro è la qualità
No. Non ho poteri di divinazione, né autorità per pensare a quale possa essere il futuro dei gruppi e dei singoli che si interessano alla danza e alla musica da danza tradizionale. Pur tuttavia, in conclusione di queste mie chiacchiere, credo sia bene ricordare che l'unico modo per difendersi dal brutto termine di piedofili o di musicisti per i piedi sia quello di inoltrarci in quel sottile confine fra piacere e interesse culturale che vede felicemente conviventi la dimensione ludica e culturale del nostro fare. Su questo confine si trovano tutte le iniziative che non dimenticano l'importanza dell'autorevolezza delle fonti, del valore dello stile, che non mancano di un metodo, che non tralasciano il piacere della danza. Su questo confine si trovano tutte le persone disposte a confrontarsi anche con fonti, stili, metodi e piaceri proposti da altri. Solo in questo stretto territorio, solo in questa zona restia alle mode e agli eremi solitari, credo che il mondo del revival della danza possa evolversi e crescere.
Tiziano Menduto
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